Il tarlo ippopotamo – capitolo XV e gran finale

E niente, siccome ho saltato l’appuntamento del 17 oggi i capitoli sono due! Di cui uno, signore e signori, è il gragran finale!
Buona lettura. A momenti, è questione di un attimo, metterò on line il PDF.

Olé!

qui il primo capitolo
qui il secondo
qui il terzo
qui il quarto
qui il quinto
qui il sesto e il settimo
qui l’ottavo
qui il nono, il decimo e l’undicesimo
qui il dodicesimo
qui il tredicesimo
qui il quattordicesimo

_______________________

XV

Tre giorni dopo ho raggiunto la sala del Consiglio Comunale insieme a Sergio, Mario e Antonio. Tarlo Ippopotamo era stato irremovibile su questo. Non era il momento di tentennamenti o stupidi errori. Non dovevamo sottovalutare nemmeno il più piccolo dettaglio, e non andare alla seduta straordinaria del Comune avrebbe potuto destare inutili quanto mai fastidiosi sospetti. Qualcuno avrebbe potuto cogliere pericolosi collegamenti.
Ci siamo dovuti sedere quasi in ultima fila, non si era mai vista così tanta gente ad un Consiglio Comunale. Il brusio continuo e montante di tutte quelle voci confuse e sovrapposte mi trapanava il cervello. Cercavo inutilmente di isolarmi, di creare una barriera tra me e quello che mi stava intorno, di non farmi colpire dagli sguardi, dalle parole, dalla tensione palpabile che mi si riversava addosso come secchiate d’acqua gelida.
È calato un silenzio irreale quando sindaco, assessori e consiglieri hanno preso posto in sala. Mi sono sforzato, ho cercato con tutte le mie forze di non farlo ma per una frazione di secondo, con conseguente scarica di brividi, i miei occhi hanno incontrato quelli dell’assessore Tugnetti. Aveva uno sguardo freddo, e un livore che non non tentava di nascondere gli colorava il volto di scuro.
Gnac gnac gnac gnac.
Ho trattenuto a stento un sussulto quando mi sono accorto di Tarlo Ippopotamo seduto tra i rami di uno degli alberi fuori dalla grande finestra della sala comunale. Mi sorrideva come a dire, ‘stai tranquillo, volevamo tutto questo, lo volevamo entrambi, mantieni la calma’.
Mi ronzavano di nuovo le orecchie, rispondevo a monosillabi alle domande e alle affermazioni dei miei cari amici d’infanzia che mi parevano, in quel momento, dei perfetti sconosciuti. Non capivo nemmeno cosa mi dicevano o mi chiedevano. Non comprendevo niente del susseguirsi concitato di interventi.
All’improvviso, però, nella testa si è fatto silenzio e le parole dell’assessore Tugnetti si sono incastonate granitiche nella mia mente.
– Non cederemo a questa provocazione. L’ordine pubblico deve essere ristabilito, con ogni mezzo necessario. Non permetteremo né al singolo sovversivo, né ad un fantomatico gruppo organizzato di minare la nostra stabilità, la nostra tranquillità, la nostra sicurezza. In collaborazione con le forse dell’ordine, Polizia e Carabinieri, abbiamo elaborato un piano di controllo, prevenzione ed eliminazione alla radice di questo attacco alla nostra comunità. Abbiamo chiesto e ottenuto la collaborazione di caserme e commissariati limitrofi. Che il Killer dei lampioni sappia. Siamo sulle sue tracce e non ci fermeremo fino a quando non lo avremo assicurato alle patrie galere. Questa è una promessa. Una promessa che intendo mantenere ad ogni costo.
La sala è esplosa in un applauso scrosciante, mi sono voltato d’istinto verso Tarlo Ippopotamo. I suoi piccoli occhietti neri sprofondati nel pelo e nel grasso si muovevano da una parte e dall’altra della sala, e un sorriso diabolico gli addobbava il muso grigiastro.
Mi sono guardato intorno anche io, mentre applaudivo meccanicamente. Non ci ho messo molto a capire, stranamente.
Sparsi tra il pubblico alcuni non solo non applaudivano ma, anzi, tenevano le braccia incrociate scuotendo polemicamente la testa.
Quando mi sono voltato di nuovo verso la finestra Tarlo Ippopotamo era scomparso.
Gnac gnac gnac gnac. Gnac gnac gnac. Gnac gnac.
Gnac.
Gnac gnac.
Gnac gnac gnac. Gnac gnac gnac gnac.

_______________________

XVI

Osservare quello che può accadere in una piccola comunità quando un evento straordinario arriva a scompigliare e manomettere il consolidato svolgersi della quotidianità può essere estremamente affascinante.
Farlo da un posto privilegiato come quello in cui si siede colui che ha, letteralmente, lanciato il sasso e nascosto la mano rende tutto più interessante.
E questo è quello che ho fatto, ho osservato.
Quando sono rientrato a casa dopo il Consiglio Comunale Tarlo Ippopotamo era seduto in giardino. Beveva limonata dalla ciotola dell’insalata che era, ormai da tempo, entrata irrevocabilmente in suo possesso. Si è voltato, mi ha guardato e mi ha detto solo una cosa. ‘Adesso dobbiamo stare a guardare. Dobbiamo solo stare a guardare e goderci lo spettacolo’. Come al solito non ho capito subito quello che intendeva, del resto sono mai riuscito a guardare lontano quanto lui, e non credo che sarò mai in grado di farlo. Ma, come sempre, ho fatto quello che mi ha detto. Sono rimasto a guardare.
E ovunque, per le strade, al bar, a lavoro, in sala d’attesa dal dentista, in coda alle poste, ovunque, sempre, non si parlava d’altro che del Killer dei Lampioni.
Lentamente, come un fiume che monta per una pioggia lenta ma costante, ho cominciato a sentire qualcosa di diverso, qualcosa che non mi aspettavo.
Un sottile malumore scorreva per le vie del mio paese, e il numero di quelli che avevano scosso polemicamente la testa durante il Consiglio Comunale non era affatto così irrisorio come mi era parso quel giorno.
Non ho mai partecipato, ovviamente, a nessuna delle discussioni in cui incappavo ogni giorno, ma ero costantemente in ascolto.
Il nome di Tugnetti rimbalzava di bocca in bocca, e se prima il Killer dei Lampioni sembrava essere l’incarnazione del disordine e della criminalità, adesso era quello dell’assessore che cominciava ad essere accompagnato da opinioni che sicuramente non gli avrebbero fatto piacere. Si diceva fosse solo un arruffone, uno che con la politica ci aveva fatto i soldi, altroché, e che in fondo, a ben guardare, nessun aveva chiesto tutti quei lampioni, che i problemi dei cittadini erano altri, che né lui, né il sindaco con tutta la giunta avevano, in fondo, fatto niente di veramente importante. Che bisognava vederci chiaro in tutta la faccenda, che non si potevano liquidare le azioni del Killer dei Lampioni come semplici atti vandalici, che qualcosa sotto c’era sicuramente.
Ogni sera, tornato a casa, raccontavo tutto a Tarlo Ippopotamo che mi ascoltava e annuiva, e ogni tanto rideva tremolando come un budino.
Anche il giorno che arrivarono a riparare il nostro lampione rideva. Rideva, tremolava tutto e continuava a ripetermi di stare a guardare.
E io ho guardato, e ho visto il fiume montare, goccia dopo goccia, giorno dopo giorno.
La cittadinanza attiva si è riunita in un Comitato Cittadino, chiamato, con una certa nota di fantasia, “Facciamo Luce Sulla Luce”. Hanno organizzato incontri, riunioni, assemblee, gazebo informativi. Hanno raccolto idee e stilato un documento da portare in Consiglio Comunale. Al primo dei due punti si leggeva la richiesta di apertura di un’inchiesta sul bando e sulla realizzazione del progetto di illuminazione urbana. Si scoprì, alla fine, dopo mesi di peripezie legali e burocratiche, che, come si dice in maniera semplice, i conti non tornavano per niente, tranne quelli nelle tasche di Tugnetti e di un altro paio di assessori. Il Comitato Cittadino Facciamo Luce Sulla Luce organizzò una grande festa per le strade del paese come non si vedeva da tempo.
Ma è stato altro a farmi capire che avevo vinto la guerra. La mia guerra e quella di Tarlo Ippopotamo. In fondo non mi importava niente di Tugnetti, non era vederlo passare sotto la ghigliottina della legalità che poteva regalarmi un po’ di soddisfazione, o darmi la sensazione di aver fatto qualcosa di importante.
Quello che davvero mi ha reso felice è accaduto una sera, quando ormai l’estate stava sgocciolando nell’autunno che si preannunciava freddo e piovoso.
È accaduto molto prima che la lenta macchina dello Stato facesse il suo corso accompagnando altrove Tugnetti.
Stavo osservando, lo ammetto un po’ sconsolato, in piedi in mezzo al mio giardino, le mani abbandonate nelle tasche, il maledetto bagliore arancione al di là della mia passiflora. Tarlo Ippopotamo sgranocchiava placido un tronchetto di quercia.
Poi all’improvviso un fragore familiare, ma moltiplicato all’infinito.
E poi la penombra.
Urla ed applausi.
Tarlo Ippopotamo ed io ci siamo guardati, sospesi, ma solo per un attimo. Siamo rientrati in casa per poi uscire in strada. Decine di persone applaudivano ancora e guardavano verso il cielo. Ho alzato anch’io lo sguardo. Quattro dei dieci lampioni lungo la via si stagliavano muti contro il cielo buio.
Mi sono voltato, emozionato, scosso, incredulo e il faccione tondo e grigio di Tarlo Ippopotamo sbucava tra le foglie della passiflora dove si era andato a nascondere.
Aveva gli occhi lucidi.
– Spero di non averla spaventata.
Mi sono voltato ritrovandomi faccia a faccia con la mia vicina di casa.
– Mi scusi?
– Il lampione che si affaccia sul suo giardino, sono stata io a romperlo. Spero di non averla spaventata.
– È stata lei?
– Sì. Non sa da quanto tempo desideravo farlo.
Ho trattenuto una risata, un po’ per timidezza, un po’ per l’abitudine che avevo ormai fatto mia di vivere completamente estraneo ai fatti.
– Ma cosa è successo?
– È una manifestazione di protesta. Abbiamo presentato un documento in Comune, penso lo sappia.
– Sì, l’ho letto sul giornale.
– Il primo punto è stato approvato, apriranno un’inchiesta interna. Ma sulla seconda proposta non ne hanno voluto sapere. Ci hanno praticamente riso in faccia. E noi abbiamo risolto la cosa a modo nostro. Adesso siamo tutti Killer del lampione.
La proposta del comitato cittadino la conoscevo bene. Mi aveva fatto sorridere, mi aveva fatto sentire meno solo. Si chiedeva la rimozione là dove tecnicamente possibile, ma comunque il non utilizzo di una lista di lampioni a causa del disturbo che l’illuminazione arrecava ad alcuni cittadini. Avevo chiuso il giornale che riportava la notizia sicuro che il Comune non avrebbe mai accettato una simile proposta.
– Oltre a questi quattro sono stati colpiti altri venti lampioni in tutto il paese, nello stesso momento. Non è incredibile?
– Meraviglioso. – Ho sussurrato.
– Come ha detto?
– No, niente. Niente.
– Non l’ho mai vista alle riunioni del Comitato.
– Non ci sono mai venuto infatti.
– Ci venga a trovare, abbiamo bisogno più che mai di partecipazione adesso che daranno il via all’inchiesta.
Non siamo mai andati alle riunioni del Comitato. Tarlo Ippopotamo non voleva, e non ne vuole sapere di assemblee, comitati, votazioni, presidenti e vicepresidenti. E a dir la verità son cose che non hanno mai interessato neanche me.
È una cosa, questa, di cui Rosa, la mia vicina, continua a rimproverarmi ogni volta che ci sediamo insieme nella mia penombra a bere limonata.
Con quella che lei chiama puzza di sigaro, che fumo sempre più spesso, ci ha fatto l’abitudine.

Un giorno, forse, le presenterò Tarlo Ippopotamo.

Fine